Giugno – 11

On 25 Novembre 2013 by admin

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Nell’edificio in cui risiedo si è deciso di installare un impianto ascensore in quanto c’è una persona con difficoltà motorie. Io sono contrario in quanto la rampa scala è stretta e si verrebbero a creare danni alla larghezza della scala (oggi di circa 110 cm) rendendola quasi impraticabile. Sono l’unico ad essere contrario nonostante anch’io abiti ai piani alti ed ho anch’io acciacchi dovuti all’età avanzata. Cosa posso fare per evitare danni economici e deturpamenti della proprietà che lascerò ai miei figli?

Egregio Lettore,

cercherò di essere sintetico perché l’argomento è molto ampio. Premetto che, pur comprendendo le problematiche del disagio avvertito dalle persone con difficoltà deambulatorie, dovrò esclusivamente attenermi alla giurisprudenza.

L’art. 2 della Legge n. 13/1989 prevede un’autotutela per il portatore di handicap nel caso in cui il condominio non provvedesse a deliberare l’abbattimento delle barriere architettoniche entro tre mesi dalla richiesta (avanzata in forma scritta). Nel caso in cui l’assemblea respingesse la richiesta o non deliberasse in merito entro tre mesi, la Legge prevede la possibilità per il portatore di handicap d’installare a propria cura e spese un servo-scala o delle strutture facilmente rimovibili, quali piattaforme mobili, carrozzelle monta-scale, automatismi per apertura di porte e cancelli, ecc.

Non è invece riconosciuto al portatore di handicap la facoltà di apportare modifiche permanenti agli edifici, consentendo, come già detto, soltanto di installare opere facilmente rimovibili .

Da parte dell’assemblea, l’installazione dell’impianto ascensore successivamente alla realizzazione dell’edificio costituisce un’innovazione ai sensi dell’art. 1120 del codice civile e pertanto la delibera d’installazione “dovrebbe” essere adottata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e almeno due terzi del valore millesimale. E’ vero che l’installazione dell’ascensore spesso comporta la riduzione dell’originale utilizzo di alcune parti comuni ma le disposizioni dell’art. 1120 lo consentono in quanto viene offerto un utilizzo diverso e migliorativo di quella parte comune (cfr. Cass. n. 4152 del 29/04/1994).

D’altro canto, l’art. 2 della Legge n. 13/1989 per l’abbattimento delle barriere architettoniche  prevede che le deliberazioni aventi per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette a eliminare le barriere architettoniche vengano approvate dall’assemblea  secondo i commi 2 e 3 dell’art. 1136 del Cod. Civ., ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti  e almeno la metà dei millesimi del valore dell’edificio in prima convocazione, oppure con un numero di voti che rappresenti un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio in seconda convocazione (Sentenza Corte di Cassazione n. 8286 del 20/04/2006 e n. 14384 del 29/07/2004). Ne deriva che detti quorum assembleari sono richiesti anche per le opere accessorie all’installazione dell’impianto ascensore, quali apertura di varchi o allargamenti di porte, ecc.

Resta da capire se è possibile procedere a propria cura e spese all’installazione dell’impianto ascensore nelle parti comuni.

La norma dell’art. 1120 del codice civile disciplina l’esecuzione di innovazioni che comportano spese a carico di tutti i condomini su base millesimale, con la conseguenza che se manca tale presupposto deve trovare applicazione l’art. 1102 del codice civile in materia di comunione.

Pertanto, nel caso in cui l’ascensore venisse installato a cura e spese di un solo condomino non si renderebbe necessaria neanche l’autorizzazione da parte dell’assemblea purché non venga alterata la destinazione d’uso del bene e non ne venga limitato il godimento agli altri partecipanti al condominio. (Sent. Cassazione n. 24006 del 27/12/2007).

Fatte le suddette considerazioni di carattere generale, riporto alcune massime di sentenze emesse dalla Cassazione che sicuramente le saranno di aiuto:

– sentenza, Sezione II Civile del 29/04/1994, n 4152 riporta letteralmente quanto segue

“Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’ambito occupati dall’impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120 comma 2 c.c., ove risulti che alla possibilità dell’originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto.

In altre parole, l’innovazione non è consentita soltanto se in concreto, in seguito alla necessaria comparazione tra i danni prodotti ed i vantaggi arrecati, i primi risultano di gran lunga prevalenti anche per un solo condomino (Sez. II, sentenza 29/04/1994 nr. 4152).”

– la più recente sentenza n. 9033 del 04/07/2001 ha affermato che la limitazione per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati dall’impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120, comma 2° codice civile, ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minore godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dall’innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo.

– la sentenza n. 12847/2007 ha stabilito che l’installazione di un ascensore ai sensi della legge speciale 13/1989 non può avere luogo quando comporta una riduzione della preesistente possibilità di uso delle scale.

– la sentenza n. 20902/2010 ha sancito che la messa in opera di un nuovo ascensore come strumento a vantaggio della maggior parte dei condomini può avvenire anche se installato contro la volontà di un unico condomino.

– La sentenza, Sezione II Civile del01/06/2007, n . 12847 sancisce che l’installazione dell’impianto  ascensore nel vano delle scale condominiali non rappresenta di per sé un’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120, 2º comma codice civile, ove risulti che dalla stessa derivi un minimo pregiudizio compensato da un miglioramento nel godimento della cosa comune. Tuttavia è illegittima la riduzione della rampa delle scale da mt. 1,20 a mt. 0,85 in quanto comporta una grave menomazione, rendendo disagevole il contemporaneo passaggio di due persone e problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni, stabilendo il D.M. n. 236 del 1989, in tema di superamento di barriere architettoniche, che negli edifici di nuova costruzione la larghezza minima delle scale deve essere di m. 1,20.

 

Pertanto, in conclusione Ella ha ottimi presupposti per evitare la riduzione della larghezza delle scale facendo valere diritti e ragioni fondate in assemblea o nelle sedi opportune qualora i sigg. condomini non dovessero darle ascolto.

 

Sperando di esserLe stato d’aiuto, porgo

Distinti Saluti

Vincenzo CAPOBIANCO

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