Gennaio – 13

On 25 Novembre 2013 by admin

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Nel condominio in cui abito, sotto il mio appartamento esiste un locale comune di circa 70 mq. sino ad oggi adibito a sala riunioni del condominio. Una parte del condominio vorrebbe utilizzarlo per darlo in fitto a coloro (anche esterni al condominio) che ne facciano richiesta per riunioni, conferenze o altri tipi di adunanze. Io sono contrario a questa destinazione che il condominio vorrebbe dare al locale in quanto arrecherebbe pregiudizio e fastidio soprattutto ai proprietari degli appartamenti confinanti. Inoltre, sempre gli stessi condomini, essendo l’edificio collocato in un parco, vorrebbero istituire un supercondomino per la gestione. Anche in tal caso ritengo che non sia fattibile in quanto gli edifici sono nati in epoche diverse (da costruttori diversi) ed altri ancora sono in corso di costruzione. Gradirei un suo parere.

 

 

Egregio Lettore,

per darle risposta occorre fare riferimento all’art. 117 del codice civile e al nuovo articolo 1117 che entrerà in vigore a tutti gli effetti da giugno 2013.

Le premetto che un condominio non si identifica semplicemente con l’edificio, ma può essere costituito più limitatamente da una parte di esso o più ampiamente da un insieme di edifici che condividono aree e servizi che per loro intrinseca natura sono “comuni”. Di conseguenza occorrono delle norme che consentano l’individuazione del “patrimonio” comune.

L’art. 1117 del Codice Civile contiene un elenco esemplificativo di “cose” che si presumono condominiali, con la conseguenza che un bene o un impianto, pur non indicato in esso, può essere comunque qualificato come comune. Tale presunzione può essere superata sia da un titolo che attribuisca diversamente la relativa titolarità del bene e sia dalla destinazione oggettiva della “cosa” che potrebbe essere destinata a servire  uno solo dei partecipanti alla condominio.

Il nuovo articolo 1117 prevede una serie di integrazioni, dal primo comma fino al punto 3) dell’articolo originario (che per il caso in questione non è necessario elencare), ma la riforma del condominio ha inserito anche gli art. 1117 bis, ter e quater che invece debbono esser presi in considerazione per darle risposta.

L’articolo 1117 bis del codice civile riguarda l’ambito di applicabilità dell’art. 1117: è’ una norma completamente nuova e si limita a rendere applicabile l’art. 1117 al così detto “supercondominio”. Ipotesi che si verifica quando singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, «pro quota», ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.

Questo nuovo articolo del Codice Civile, risponde esattamente al secondo problema da lei esposto: se sussistono i requisiti appena citati, il supercondominio può esser costituito. A nulla vale il fatto che gli edifici siano stati realizzati da diversi costruttori in epoca diversa; anzi, anche gli edifici di nuova costruzione, una volta completati, dovranno far parte del supercondominio se fruiscono di beni, impianti e servizi comuni.

Per quanto riguarda invece la modifica di destinazione d’uso del bene comune, ovvero del locale sottostante il suo appartamento, innanzi tutto occorre leggere attentamente il regolamento di condominio per verificare l’esistenza di clausole che possano vietare o regolamentare l’eventuale destinazione d’uso di detto locale.

Se il cambio di destinazione d’uso del locale non è  stato ancora deliberato, da giugno 2013 dovranno essere rispettati i disposti degli articoli 1117 ter e 1117quater, riguardanti rispettivamente la modifica della destinazione d’uso e le tutela delle destinazioni d’uso.

Il 1117 ter consentirà a maggioranza la modifica della destinazione d’uso delle “cose” condominiali. A priva vista, la norma sembra riprodurre i risultati della la giurisprudenza in merito alle “innovazioni”, ma anzi implicitamente ammette la legittimità di stabilire che un bene o impianto comune possa essere “trasformato” fino a consentirne un uso estraneo rispetto alla sua originaria destinazione oggettiva e strutturale. Viceversa, invece, la maggioranza prevista (quattro quinti del valore totale del condominio), comunque è quasi proibitiva” rispetto alle “presenze” ottenibili solitamente in assemblea. Inoltre, la norma contiene ulteriori prescrizioni per la convocazione dell’assemblea che ha in discussione la modifica della destinazione d’uso: la convocazione deve essere affissa per almeno 30 giorni consecutivi negli spazi di maggior uso comune e deve essere inviata per raccomandata (o equipollenti mezzi telematici) con recapito da avvenire almeno 20 giorni prima della data di convocazione.

Il 1117 quater, per modifiche illegittime o le attività dannose e/o pregiudizievoli sulla destinazione d’uso delle parti comuni, ne consente una tutela, azionabile dal singolo o dall’amministratore (qualora ne ricorrano i presupposti) tramite la convocazione dell’assemblea condominiale, al fine dell’adozione di una deliberazione inerente alla proposizione di un’eventuale azione giudiziaria a difesa degli interessi condominiali.

 

Sperando di averle fornito elementi utili per le sue valutazioni personali e risposte esaurienti ai quesiti posti, porgo

 

Distinti Saluti

Vincenzo CAPOBIANCO

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